New England: la libertà di dire no al consumismo | #myNEWENGLANDlife
Il mio viaggio nel New England si è concluso da poco, sto ripercorrendo tutte le tappe attraverso i racconti dei luoghi che ho visitato, i video che raccolgono momenti rimasti impressi nella memoria e le foto che racchiudono sensazioni ed emozioni.
Ho percorso poco più di 2600 km lungo le strade di questo territorio che ripercorre la storia degli Stati Uniti d’America per come li conosciamo oggi.
Ho visitato 6 Stati (Maine, Vermont, New Hampshire, Massachusetts, Connecticut, Rhode Island) e in ciascuno di essi ho cercato di immergermi, per quanto possibile, nella cultura locale. Questo mi ha permesso di osservare e di avere molti spunti di riflessione.
Nel mio immaginario, andare negli Stati Uniti d’America voleva dire vivere nel luogo in cui le opportunitàhanno una spinta propulsiva maggiore, in cui tutti possono sentirsi liberi e uguali.
La percezione è stata quella di un territorio vasto e giovane.
Noi europei siamo dei veri nonnini e quando arriviamo negli Stati Uniti vediamo dei “giovinotti” che devono ancora costruire tanto della loro storia.
Si respira innovazione nelle strade del Massachussetts e ricchezza in quelle del Rhode Island.
Gli spazi sono enormi e spesso sono occupati da centri commerciali e luoghi adibiti al consumismo. Non si salvano da questo neanche i fantastici Parchi Nazionali del New England che nulla hanno a che vedere con i selvaggi e angusti Parchi dell’Abruzzo in cui devi sudare per poter percorrere determinati itinerari.
Spesso immense aree verdi sono state rese accessibili a tutti a discapito del paesaggio. E così ti ritrovi ad arrivare comodamente seduto in macchina fino alla vetta di un monte oppure a scendere gradini in cemento fino al bordo di una scogliera.
E’ vero che ci sono mille opportunità, soprattutto date dal fatto che se ti senti in grado di fare qualcosa ti incoraggiano a farlo. In qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo sei incoraggiato a rischiare, buttarti ed esprimerti.
Poi ti guardi intorno, osservi la vita ordinaria delle persone, le loro abitudini quotidiane.
Li vedi dividersi in persone estremamente pigre e persone completamente focalizzate sulla mezz’ora di jogging serale. Sono tutti schiavi del proprio iPhone e della loro macchina, fanno la fila al drive-thru dei fast food senza mai scendere dall’auto e per consumare il pasto ci si accontenta del parcheggio antistante.
A parte rarissimi casi non sono quasi mai attivi, non si alzano di buon grado dalle loro poltrone e per fare la spesa al supermercato è più comodo percorrere i corridoi con carrelli elettrici dotati di poltroncina e manubrio.
Ti chiedi se questo sia davvero un luogo abitato da persone libere, in cui le bibite gassate hanno sostituito l’acqua ed in cui lo zucchero viene messo ovunque persino nella carne essiccata del Vermont assieme alla salsa barbecue.
Osservi le armi e i proiettili negli scaffali del supermercato accanto al reparto di mandarini già sbucciati e riposti in confezioni di plastica rigida e ti chiedi se era questa l’idea di consumismo che avevano in mente gli abitanti del Maine.
In un viaggio capita anche di ammalarsi e di rimanere tutto il giorno nel Motel. Per ammazzare il tempo passi in rassegna tutte le trasmissione e scopri che in televisione i reality che vanno per la maggiore sono di due tipi: quelli che catapultano cittadini statunitensi nella natura selvaggia per giunta nudi per provare a cavarsela con le proprie forze ed i programmi che sensibilizzano sulla perdita di peso oppure sulle patologie come l’accumulo compulsivo.
Ho attraversato le città dal centro alla periferia fino ad arrivare nella natura incontaminata e poi di nuovo in una periferia, una zona commerciale e di nuovo in un centro abitato. Mi sono accorta che esistono ancora interi quartieri non integrati, in cui ad esempio vivono solamente persone afroamericane e dove quando entri al Mc Donald’s tutti si girano a fissarti perché hai la pelle bianca, mentre arrivando in centro città noti che solo il colore dei dollari è il vero lascia passare per l’integrazione.
Un viaggio ti permette di vedere tanti luoghi belli, di ascoltare tante storie, ma anche di leggere attraverso le abitudini di chi abita quei luoghi.
Viaggiare ti fa riflettere su quello che ti hanno detto e ti permette di elaborare una tua opinione che se vorrai potrai approfondire.
Il mio viaggio nel New England, che continuerò a raccontare attraverso l’hashtag #myNEWENGLANDlife, mi ha fatto scoprire posti bellissimi ma mi ha fatto anche riflettere molto.
Viaggiare è la libertà di esprimere se stessi nel modo più autentico.
Forse negli USA, questa tanto millantata libertà, non è poi così autentica o almeno non corrisponde all’immaginario che noi Europei ci siamo fatti.
Ogni volta che torno da un viaggio mi faccio tre domande: mi piace come vivono qui? ci ritornerei? vivrei in questo posto?
Non mi piace la vita dell’americano medio, schiavo di abitudini sedentarie, dello zucchero, del cibo e del consumismo, schiavo spesso di sé stesso e del proprio peso, della propria nazione da difendere mandando i propri figli in guerra e appendendo ad ogni angolo di strada le piastrine di metallo dei caduti.
Probabilmente non ci vivrei, non mi appartengono questa cultura e queste abitudini, questa continua sfida al futuro e al progresso senza avere un passato la trovo snervante.
Però ritornerei volentieri in questi posti perché la gente è accogliente e disponibile, è generosa e ti aiuta in ogni modo. Ritornerei a visitarne la natura così vasta e varia, che mostra la sua potenza nonostante tutto.
Ritornerei anche a Boston, città piena di vita e intellettualmente illuminata e nel New England in cui puoi diventare schiavo di questa finta libertà chiamata consumismo americano oppure dire di no e vivere come ti pare.
Pubblicato su OPENMAG
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