La partenza | VIDEO | #myNEWENGLANDlife
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La partenza | #myNEWENGLANDlife

Sono pronta per il mio primo volo extracontinentale, vado in America. Osservo le operazioni di preparazione dell’aereo che mi porterà a Boston. Sono curiosa di come sarà un volo di 8 h e mezzo non tanto per le ore di viaggio (abbondantemente superate in treno!) ma stare stipata con tutta quella gente per tanto tempo in uno spazio poco vitale sospesi in aria, ha il suo fascino dopotutto.

 

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Sul sedile è disponibile un kit da viaggio: cuffiette (da restituire quindi non fregatevele), copertina di pile utilissima perché c’è un’aria condizionata che t’ammazza e micro cuscino inutile che più che per la testa potreste metterlo dietro la schiena per stare più comodi.

Seguo attentamente le indicazioni di hostess e steward, io non so nuotare quindi cascasse l’aereo morirei comunque ma la speranza che si gonfi “il salvagente posto sotto al vostro sedile” è confortevole soprattutto noto sempre con piacere che i miei aeroinquilini sono tutti distratti quindi mi toccherà uccidere qualcuno in caso di emergenza per riuscire a salvarmi la vita.

Vengono serviti due pasti: quello principale con la scelta di carne o pesce e uno spuntino. Il menu non tiene conto né di gusti né di intolleranze o allergie alimentari della serie “o ti mangi sta mi minestra o ti butti dalla finestra”. I finestrini sull’aereo sono sigillati quindi mi sono limitata a non mangiare nulla nonostante avessi prenotato un pasto adatto alle mie esigenze la richiesta è stata ignorata.
L’hostess è dispiaciuta e vuole darmi il suo pasto (che è diverso da quello dato ai passeggeri) ma io insisto che non si preoccupi avendo previdentemente fatto scorta di frutta e pane ben stipati nel bagaglio a mano.

 

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Arrivati a Boston la fila alla dogana mi impegna per un’ora circa. Nella mia stessa fila c’è un ragazzo che si sta trasferendo a Boston per coltivare il suo sogno di una carriera da pugile professionista. E’ pieno di sogni e spirito di iniziativa, mi impiccio un po’ dei sui pensieri più intimi riguardo la sua avventura prima di farmi prendere le impronte digitali dal poliziotto della dogana e rispondere alle domande di rito su che faccio lì, dove devo andare, che porto in valigia e come mi sposterò.

Non mi arrestano, nonostante all’aeroporto di Roma sia stata l’unica (a campione) ad essere sottoposta al test per la ricerca di tracce di esplosivo addosso e nel mio fedele zaino INVICTA. Guarda caso questo campionamento capita sempre a me, che fortunella!

La prima impressione di Boston appena arrivata è che non capisco come diavolo funziona la metro, che fa troppo caldo ed i ventilatori giganti sulla banchina della metro a distanza di 3 metri l’uno dall’altro non mi sembrano un’idea molto arguta. Mi pentirò presto di questa considerazione.

Ci metto un’altra ora ad arrivare al mio primo alloggio, un ostello nel quartiere di Back Bay. Sono le 23, è tardi e a differenza di New York che è la città che non dorme mai, Boston è nota come la città che va a dormire presto. Quindi dopo un breve passaggio al sempre fedele 7 Eleven (catena di market sempre aperti) è proprio il momento di riposare.

Osservo per un po’ il ventilatore sul soffitto che si accende assieme alla luce, il letto è comodissimo e altissimo, mi sembra di dormire su due materassi (e forse è così).

 

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Ragazzi, sono in un altro continente e da ora inizia la scoperta del New England. Ho troppo sonno per pensare a come sarà lo vedranno i miei occhi da domani.

TransalteMe!

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